Il borgo abbandonato di Castelnuovo dei Sabbioni sembra un luogo privo di vita.
Nel suo volto in realtà resta impressa la sofferenza, segno di quella forza che anima i luoghi e gli esseri umani. Castelnuovo è esangue per le dolorose ferite che ha conosciuto.
Negli anni Ottanta, l’intera popolazione locale è stata strappata dal suo luogo natio e ricollocata in un nuovo centro urbano poco distante a causa dei pericoli legati a quell’estrazione di lignite che, nei vent’anni precedenti, aveva già stravolto l’aspetto del borgo.
Un viaggio a ritroso in una memoria cosparsa di cicatrici, che si spinge sino al 4 luglio 1944, durante l’occupazione nazista, quando settantatré persone furono fucilate e arse nel paese. Oggi, al posto della vecchia miniera sorge un grande lago artificiale, le case del borgo vecchio sono in abbandono e ricoperte di vegetazione, gli ultimi testimoni superstiti sono molto anziani.
Albero Infinito, installazione architettonica e audiovisiva, vuole contribuire a vivificare questa memoria. All’opera è dedicata l’ultima stanza del Museo MINE, nel cuore del borgo.
È un albero nero, in ferro, dalle venature-ferite del suo tronco fuoriescono come linfa i racconti di chi queste ferite le ha vissute in prima persona.
È il risultato di un lavoro collaborativo di ascolto ed elaborazione delle testimonianze, che parla di Castelnuovo e di quei paesi vicini che ne condividono la storia.